PERCHE’ E’ NECESSARIO CREARE UN LUOGO PER LO STUPORE

I nonluoghi e le immagini sono, in un certo senso, saturi di umanità: prodotti dagli uomini, frequentati dagli uomini, ma dagli uomini privati dei loro rapporti reciproci, della loro esistenza simbolica. Sono spazi che invocano uno sguardo e una parola: uno sguardo, perchè si ricostituisca un rapporto minimo, una parola che valga ad inserirli in un racconto. (Marc Augé)

Creare un parallelismo tra quella che è una riflessione su una «pedagogia critica dell’autonomia», e un percorso emozionale-estetico che intraprende chi vuole produrre arte, non è azzardato. La pedagogia, infatti, ha a che fare con le persone, esattamente come l’arte e la sua natura formativa. L’artista, esattamente come l’educatore, si occupa di educĕre, es-trarre fuori – dalla materia informe, la forma -. L’arte può quindi incarnare un territorio soggettivo, capace di divenire fonte di giudizi, valorizzazioni, atti, lotte, incontri: un territorio capace di selezionare il proprio mondo rilevante. Tutti hanno bisogno di tempo per potersi appropriare dello spazio, riconoscersi in esso ed esservi riconosciuti. L’impresa a cui ci incoraggia Augé, pare essere proprio questa: essere in grado di cogliere la sfida riappropriandoci degli spazi in senso lato, umanizzandoli. Proprio in questo punto l’interesse per il sociale si congiunge all’interesse per la bellezza. Ai nonluoghi che ci propone la società, ma anche gli spazi espositivi e quelli di «incontro» – non sempre – suscitati dall’arte, oggi manca l’appropriazione da parte dell’umanità, di qui, l’importanza a recuperare saperi e atteggiamenti coscienti.

L’esperienza dell’arte può, dunque, fondare un «luogo» in risposta ai nonluoghi dell’ in-essere. Uno spazio «critico» contro uno spazio «neutro», uscendo dalla dimensione monologica e autocelebrativa che hanno assunto l’arte e la società in senso lato.

Per conseguire questi obiettivi, trovo importante proporre un’esperienza di coinvolgimento, progettando spazi-laboratorio flessibili, dalla configurazione sempre nuova, che tengano conto dell’utenza e del contesto in cui si è invitati ad operare, attraverso un approccio metodologico in cui lo «stupore» ne è la condizione necessaria. In questi spazi non ci si occuperà di impartire tecniche o un sapere nozionistico sull’arte, ma di produrre unità di senso. In ultimo, l’esperienza artistica è importante in quanto «progetto esistenziale». L’arte è un sapere dentro e fuori lo spazio della vita: deve sapere rappresentare il presente e progettare il futuro, problematizzandolo.

Obiettivi fondamentali

  • Trasmettere il concetto di arte come incontro con l’«altro-da-me».
  •  Lavorare sulle relazioni. La relazione costituisce un aspetto qualitativo del «fare artistico», e favorisce la capacità di simpatizzare con l’altro. L’arte è per sua natura intersoggettiva, capace di entropatia, di com-prendere l’altro-da-sé, senza oggettivarlo.
  • Compiere delle esperienze nuove, donandosi reciprocamente nuove prospettive, che suggeriscano un’autonoma revisione del proprio vissuto, motivando verso la costruzione di una diversa visione del mondo.
  • L’arte come stupore ed esperienza educativa divengono medium e messaggio.
  • Trasmettere il concetto di Potlac – dono – intendendo con questo termine il «ruolo» che è in grado di svolgere l’opera d’arte, sancendo un patto, un’alleanza tra la comunità degli uomini (Cfr. M. Mauss, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino, 2002), in termini di condivisione, accoglienza e solidarietà.
  • Educare alla libertà. L’arte è in grado di dare soluzioni divergenti ai problemi ed educarci alla libertà; ciò significa anche avere il potere e la responsabilità di scelta: decidere di cambiare ciò che possiamo cambiare di noi e della nostra storia, e la forza di accettare ciò che non possiamo cambiare.
  • Comprendere l’importanza di plasmare il «nostro» luogo – fisico e mentale -, e quello condiviso. Il bambino e l’adulto possono apprendere l’importanza del «rannicchiarsi», del prendere spazio, condizione necessaria per «imparare a possedersi» (Cfr. G. Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1984) rifiutando la sparizione e la fuga da sé.

 

METODOLOGIA DEGLI INCONTRI

Stile

La metodologia utilizzata nei laboratori è di tipo esperienziale, lo stile educativo, rispondendo alla convinzione che il bambino, come l’adulto, debba essere dentro, e non fuori, alla grande giostra ermeneutica che produce il sapere, i suoi simboli e i suoi valori. L’attività è educativa, dal momento che può spingere ad attuare dei cambiamenti all’interno di noi stessi e nel nostro approccio al mondo. L’approccio usato non sarà, dunque, di tipo ludico-ricreativo: non si tratta di «passare il tempo», né di arte-terapia, ma di produrre unità di senso, condividendo l’idea che l’arte sia un mezzo per migliorare la qualità della vita, conoscere se stessi, attivare il potenziale di auto-guarigione. La pratica dell’ermeneutica ha un valore educativo in quanto l’interpretazione è vista come trasformazione e non contemplazione. Circolo ermeneutico è possibilità di comprensione, non di spiegazione: è laboratorio del pensare.

Arte come «pretesto»

Nei laboratori fin qui realizzati, diversi spunti sono stati tratti dalla metodologia affinata nei laboratori di Marco Dallari, che vede l’opera d’arte – in particolare quella contemporanea, non ancora storicizzata – come «pretesto», e non come testo da decodificare (Marco Dallari, La dimensione estetica della paideia , Erickson, Trento, 2005). L’opera è iniziazione estetica, è un modo di porsi, capace di alimentare lo stupore del bambino – e di generarlo nell’adulto – nei confronti del suo essere corpo e essere nel mondo.

Fare

Fare non è copiare. E’ ri-percorrere, ri-vivere in maniera attiva. Non si tratta di educare al «bello obbligatorio», che allontana i soggetti coinvolti dall’esperienza, ma nell’aiutarli a condividere culturalmente esperienze delle quali si devono strutturare le regole di negoziazione fenomenologica. Quindi obiettivo dell’operatore del laboratorio, è quello di trasformare autenticamente l’esperienza in vissuto estetico. Il ruolo dell’operatore in questo contesto consisterà nel mettere a disposizione la propria esperienza, per essere un punto di riferimento in tutti gli aspetti del processo creativo. Il risultato estetico non sarà valutato, né giudicato.

Laboratorio

Il laboratorio è un rito di appropriazione attiva. Nel progettare il laboratorio, ci sono diversi step:

  1. ricerca intorno ai bisogni che presenta il tipo di utenza e formulazione di obiettivi e finalità
  2. individuazione di un focus tematico
  3. realizzazione – o ricerca – dei materiali funzionali al progetto, agli obiettivi posti e al setting
  4. progettazione e allestimento del luogo, dove ogni soggetto possa ritagliarsi il suo spazio e il giusto sguardo: il laboratorio è concepito prima di tutto come clima e solo poi come luogo.

La strutturazione del laboratorio rimane flessibile, aperto a modifiche durante il suo corso, consegnando all’utenza la possibilità, importante pedagogicamente e culturalmente, di assumersi la responsabilità di agire.

 

STRUMENTI E MATERIALI

Narrazione

La narrazione simbolica è uno strumento e un sapere importante, caratterizzata dal nominare, dal connettere e dal dare significato. La ricerca che vi si compie è sempre autobiografica, un testo dell’esserCi. L’attività del laboratorio parte dalle biografie e torna ad esse.

Disegno

Al centro di questi incontri si vedrà in particolare l’utilizzo del disegno, visto nell’ottica dell’«oggetto transizionale», così come lo intende D. Winnicott, (Cfr. Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975) e della carta. I grandi fogli bianchi fungono da contenitore, disposti o consegnati come un rituale ad ogni inizio di incontro di gruppo, garantendo a ciascuno la possibilità di rifugiarsi in uno spazio privato. L’attività viene posta all’interno di una relazione triangolare che vede l’operatore, l’utente e l’immagine/il disegno. La produzione estetica permette di dare corpo al campo della relazione.

Opere d’arte

Le opere d’arte sono materiale didattico. Sapere è innanzitutto sapere vivere, sapere scegliere, individuarsi, grazie al «pretesto» dell’opera: uno strumento per un’educazione allo sguardo.